Era l'uomo dell'agricoltura italiana a Bruxelles. Quando c'era da discutere un dossier importante, Paolo De Castro non si tirava indietro. Conosceva bene la macchina burocratica della bolla bruxellese ed era sempre aperto ad ascoltare le istanze provenienti dal territorio.

 

Dopo tre mandati in Europa, il PD di Elly Schlein ha deciso di non ricandidarlo. De Castro però la prende con filosofia: "Il prossimo sarebbe stato il mio quarto mandato e avrei avuto bisogno di una deroga votata dalla Direzione nazionale. Tale deroga, anche se concessa in passato ad altri, non è arrivata e così tornerò al mio lavoro di professore all'Università di Bologna".

 

Paolo De Castro è stato prima ministro dell'Agricoltura (uno dei pochi laureati in Agraria) durante i Governi D'Alema e Prodi, per poi approdare allo scranno europeo. Ma non è mai stato percepito come un politico, ma quasi come un tecnico. "Da molte parti mi hanno proposto la candidatura, ma a me non va di voltare le spalle al partito in cui sono stato per tanti anni. E tantomeno avrei accettato di correre nella mia circoscrizione contro Stefano Bonaccini, che è stato il mio candidato alla Segreteria del partito".

 

De Castro, a giugno si vota e in autunno si insedieranno il nuovo Parlamento Europeo e la nuova Commissione. Quali sono i temi principali sul tavolo?

"La principale battaglia sarà quella sul budget pluriennale (Multiannual Financial Framework, Mff). In altre parole, i soldi che gli Stati intendono investire nell'Europa per i prossimi sette anni. La Pac assorbe il 37-38% di tale budget, ma nel corso del tempo ci sono state forti spinte per un suo ridimensionamento".

 

Durante la discussione dell'attuale budget erano stati proposti dei tagli pesanti. Si corre ancora questo rischio?

"Il rischio c'è sempre, ma questa volta c'è un problema in più: l'inflazione. Con grandissimo sforzo sette anni fa riuscimmo a far approvare un budget sostanzialmente invariato. Alcuni si lamentarono del fatto che, con una inflazione tra l'1 e il 2%, in termini reali questo si sarebbe ridotto. Ma adesso l'inflazione è ben più alta".

 

Quindi, anche se il budget rimane invariato in termini reali sarà ridimensionato?

"Esattamente. Anche se il budget totale per l'agricoltura non fosse tagliato nominalmente, dal punto di vista reale varrebbe oltre un 20% in meno a causa dell'inflazione. Questo rappresenterebbe un grosso problema per la tenuta delle aziende agricole".

 

Gli Stati sono disposti ad aprire i cordoni della borsa per aumentare il budget?

"Ad oggi questo non possiamo saperlo, perché tutto dipenderà dagli equilibri che emergeranno dalle prossime elezioni. Sicuramente il Governo dovrà battersi per aggiornare il budget all'inflazione".

 

C'è il rischio che ci siano altre proteste degli agricoltori, come abbiamo visto in Francia, in Germania e in parte anche in Italia?

"La Pac rappresenta circa un quarto del reddito delle aziende agricole. È una cifra che ovviamente non tiene conto delle differenze territoriali e di indirizzo colturale, ma dà un'idea dell'importanza di questo strumento per la sostenibilità economica delle imprese".

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Parliamo di un'altra sostenibilità, quella ambientale. Continuerà questa spinta ambientalista inaugurata dalla Commissione von der Leyen?

"Tutti noi desideriamo un'agricoltura più sostenibile, ma non dobbiamo dimenticarci che deve anche essere produttiva e generare reddito. Sicuramente le richieste di una maggiore sostenibilità arriveranno, sta poi alla politica fare in modo che agli agricoltori vengano dati gli strumenti adeguati, finanziari e non, per continuare a produrre".

 

La nuova Commissione dovrà avanzare la proposta di nuova Pac, quella che entrerà in vigore nel 2027. Gli agricoltori sembrano piuttosto scontenti dell'attuale…

"Servono due, tre anni per arrivare ad un testo condiviso, quindi sì, è già arrivato il momento di discutere la nuova Pac. E sarà fondamentale che il nuovo commissario proponga un testo che sia equilibrato e accettato da tutte le parti se vogliamo evitare le proteste degli agricoltori, ma anche delle associazioni ambientaliste".

 

Il prossimo commissario all'Agricoltura può essere di un Paese mediterraneo, visto che gli ultimi due sono stati un polacco e un irlandese?

"Sicuramente non sarà un rappresentante dell'Europa dell'Est, ma non possiamo dire se sarà del Sud Europa. Quel che è certo è che dovrà essere una persona competente e di elevata caratura, che abbia cioè la statura politica per portare avanti un dossier così delicato".

 

Lei è stato il padre della Direttiva contro le pratiche commerciali sleali nel settore agroalimentare, che ha messo al bando pratiche come l'asta al doppio ribasso. Si tratta di un regolamento importante, ma sufficiente?

"Quella Direttiva è stata di grande aiuto, ma oggi è necessario agire ulteriormente per avere una più corretta ridistribuzione del valore all'interno della filiera. Sappiamo bene che agli agricoltori resta troppo poco, nonostante producano il cibo che gli europei mangiano tutti i giorni. Intervenire su questo fronte tuttavia non è facile se si vogliono rispettare i principi del libero mercato".

 

Prima di sciogliersi, il Parlamento Ue ha votato la sua posizione sulle Tea, le Tecnologie di Evoluzione Assistita, chiedendo che siano ben distinte dagli Ogm. È un dossier che sarà sul tavolo della prossima Commissione?

"Con uno sforzo incredibile siamo riusciti ad approvare un testo condiviso, che cristallizza la posizione dell'Europarlamento sul tema. Senza questo voto il rischio era di dover ricominciare tutto daccapo. Ora invece la palla passa alla nuova Commissione, che dovrà avanzare una proposta che non potrà non tenere conto del nostro voto".

 

Le Tea sono uno di quegli strumenti che permetterebbero agli agricoltori di essere più sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico…

"La futura Commissione deve avere un progetto chiaro in mente su come intende promuovere un ambiente più sano e al contempo garantire la produzione di cibo. Le Tea, come le pratiche di agricoltura rigenerativa o il precision farming possono giocare un ruolo importante per far evolvere l'agricoltura verso questa direzione. D'altronde, come abbiamo visto, imporre semplicemente dei tagli all'utilizzo degli agrofarmaci non funziona".

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